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"Il guerriero senza passato" di Neith Archer (4.6 su 5)
“Il guerriero senza passato” è il secondo libro della ‘Trilogia delle ombre’, preceduto da “Il figlio del temporale”. Come per il primo libro il plot principale è abbastanza semplice, segue lo schema del ‘viaggio dell’eroe’ (o eroi) costretto ad affrontare pericoli più o meno gravi fino allo scontro finale, mentre l’intreccio è costituito da flashback che aggiungono complessità e spessore alla trama, rivelando a poco a poco un crescendo di emozioni, azione e sorpresa.
La trama generale è troppo semplice quindi? No, bisogna prestare attenzione a eventi, luoghi, personaggi, conseguenze. Il valore aggiunto dei flashback, usato anche nel primo libro e che fa parte dello stile narrativo di Neith Archer, mostra (e ripeto mostra, non racconta) magnificamente eventi e personaggi ed evita i noiosi ‘spiegoni’ che rallentano azione e (soprattutto) lettura, rendendo quest’ultima fluida nonostante la mole dell’opera. Nel plot principale il primo e il secondo sole accompagnano gli eroi nel loro viaggio in un’ambientazione che potrei definire seicentesca, dentro la quale spade e falchion devono misurarsi con fucili e pistole e dove guerrieri dall’indole cavalleresca incontrano strani locandieri, assassini e pirati. Il lungo viaggio mostra ambientazioni mai uguali alle precedenti, e forse la figura del nemico potrebbe risultare ripetitiva, ma sempre con il giusto pizzico di inaspettato.
Il nemico: qui vorrei aggiungere qualcosa (sempre senza spoiler). Nonostante non possa sembrare, la sua natura riguarda l’umano, l’interiore. Perché cosa esiste di più ovvio che annientare sé stessi assieme all’ombra che ci appartiene? E se l’Ombra appare come il nemico da sconfiggere ad un prezzo altissimo, il vero nemico è annidato nell’animo umano, sempre pronto ad apparire mistificando la verità. Proprio come nella storia, proprio come riescono a trarre in inganno i personaggi. Secondo me il nemico, nella sua pura e semplice crudeltà, è forse l’elemento meglio riuscito del romanzo.
I personaggi sono vittime di loro stessi e li ho amati per questo. È difficile trovare elementi che possano indicare il contrario. Nessun eroe, nessuno spirito innocente, le azioni vengono dettate dalla volontà di sopravvivere e perseguire (un po’ come nella vita) con l’imprevisto sempre in agguato. In questo la caratterizzazione non cade nell’errore di certi autori di amare troppo le loro creature, o forse vengono amate così tanto da essere costantemente messe alla prova, fatte cadere nel baratro e poi risollevate con la sensazione di aver perso qualcosa. Sì, perché perdere è facile, ma guadagnare è davvero difficile.
In un libro dove idee e sperimentazioni sono affrontate senza mezzi termini, lo stile resta un po’ indietro. Non per qualità, ma a mio avviso per modernità. La voce narrante è volutamente sostenuta, ma anche i dialoghi lo sono: con l’uso del ‘voi’ e una terminologia a tratti arcaica. Nulla di così esagerato, il libro è perfettamente leggibile e non mancano le punte di ironia, ma una leggera flessione dell’autrice verso una scrittura meno formale avrebbe giovato davvero molto al prodotto finale.
In conclusione mi sento di consigliare la lettura di questo libro e del precedente “Il figlio del temporale” in attesa del terzo e ultimo libro della trilogia che leggerò con molto interesse.
_EOT
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