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"Ora e sempre esistenza: Raccolta di monologhi sparsi nel tempo" di Neith Archer (5 su 5)
Una piccola raccolta di racconti, tre per la precisione, e tutti con un filo conduttore comune: l’esistenza. Ma cos’è l’esistenza secondo Neith?
Sofferenza?
Reazione?
Impedimenti?
Scelte?
Una cosa è certa, i tre racconti sono davvero belli, inaspettati, e mostrano senza mezzi termini le capacità dell’autrice, sempre pronta a sferrare pugni nello stomaco che fanno davvero male. Dalla sua scrittura non scaturisce alcun immobilismo, ma cause e conseguenze, con l’azione al centro della scena. Perché esistenza può anche essere sopravvivere, ma vivendo.
IL TESTAMENTO DI SEAGER.
Un punto di vista atipico: quello di una vittima che diventa colpevole fino ad una scelta dolorosa, e tutto nello sfondo di un distopico dalle tinte splatter. Breve, catapulta subito il lettore al centro del dolore, e quasi si prova la necessità di compiacere a tanto dolore, perché necessario. Questo racconto è anche disponibile in formato audiobook gratuito su YouTube:
https://www.youtube.com/watch?v=O3oo7ojTLxc
IL LABIRINTO.
La scrittura è curata, lo stile fluido, il ritmo cadenzato. In effetti il ritmo è la cosa che mi ha colpito di più. L’adrenalina – o l’angoscia se vogliamo – aumenta con l’avanzare delle scene: un metronomo che batte sempre più forte, costantemente, fino alla risoluzione finale, bella e in pieno stile horror/dark.
Il titolo è tutto, svela ciò che il lettore ha di fronte, nelle parole, e l’emozione che si cela dietro, dentro di sé. Perché a mio avviso il Labirinto non è solo il mondo della protagonista, o il vero antagonista se vogliamo, ma il racconto stesso è un labirinto per il lettore – che non può scegliere – che deve veicolare l’attenzione per capire dove la brava Neith ha teso il tranello, o lasciato una briciola di pane per uscirne – o comprendere.
Voto pieno, perché l’opera va oltre la storia in sé, coinvolge e tocca nervi scoperti della psiche e della sofferenza nella società: solitudine, paura, inganni e il cedere a noi stessi fino al baratro più profondo.
APNEA.
Terzo e ultimo racconto, più breve rispetto al secondo ma che racchiude la stessa forza dei primi due. Se non di più.
È un inno alla realtà del nostro tempo, un’analisi forse cinica di come il meccanismo (o il buco nero) chiamato società civile possa plasmare essere senzienti con poche ma semplici regole eseguite poi in automatico da miliardi di persone. Alcuni sentono una sorta di “risveglio” tentano in tutti i modi di fuggire da una vita che non sembra più vita, di elevarsi, ma si rischia così di perdere la coscienza di cosa siamo realmente: carne, ossa, sangue. Poco importa quali siano le regole, poco importa se non elevati ad un traguardo invidiabile, poco importa se considerati solo da noi stessi. La cosa che importa davvero è l’esistenza.
In conclusione posso dare un solo consiglio sensato all’autrice: se esiste la possibilità che questi racconti – queste piccole visioni – possano diventare un romanzo, allora ti consiglio di mettere da parte i dubbi e cominciare a scrivere.
_EOT
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burtozwilson@etik.com
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